CFP: LOGU E LOGOS. LA QUESTIONE SARDA E IL DISCORSO DECOLONIALE.

a cura di Federica Pau e Gianpaolo Cherchi

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La prima raccolta di saggi con cui il collettivo Filosofia de Logu si presentava ufficialmente al pubblico aveva come intento apertamente dichiarato quello di produrre uno sguardo autonomo e non subalterno sulla Sardegna. Uno sguardo che, proprio in virtù di questo suo auto-posizionamento critico, si poneva come principale obiettivo una decolonizzazione del pensiero, dell’ideologia e del senso comune sulla Sardegna e sui sardi. A partire da tale posizionamento, lo sguardo prospettico che caratterizzava il nostro primo lavoro imponeva quasi inevitabilmente di guardare all’Italia come referente principale del nostro discorso. La possibilità, cioè, di intraprendere una critica del principio di ragion coloniale in Sardegna, implicava automaticamente un rovesciamento del rapporto fra Sardegna e Continente. Questa “provincializzazione” dell’Italia è stata perciò un’operazione necessaria affinché della Sardegna si potesse provare a parlare da una prospettiva nuova, non-subalterna, decolonizzata.

In tal senso, l’applicazione al contesto sardo del concetto di decolonizzazione ci consentiva di poter contare su una categoria di analisi critica funzionale al nostro intento. Quella di decolonizzazione è diventata per noi una categoria-strumento, un grimaldello teorico con cui scardinare le narrazioni dominanti; l’esplosivo grazie al quale far deflagrare gli apparati ideologici di produzione di soggettività subalterne, auto-colonizzate. L’unico modo, insomma, per consentire ai subalterni di parlare, di disattivare le procedure di esclusione e di interdizione tipiche dell’ordine del discorso coloniale, e tentare di produrne uno nuovo.

Affinché questo nuovo discorso possa essere portato avanti, riteniamo tuttavia che sia necessario oltrepassare gli orizzonti angusti e asfissianti del rapporto Sardegna-Italia, spingersi al di là del provincialismo per volgere il nostro sguardo al mondo grande e terribile. Questo significa, essenzialmente, porre una serie di interrogativi e di questioni circa l’impostazione metodologica del nostro lavoro. Ciò vale, innanzitutto, per l’utilizzo della categoria stessa di decolonizzazione, nella misura in cui diventa fondamentale prendere coscienza del valore specifico che essa assume a seconda del contesto applicativo e di riferimento. Il qui e ora assume un’importanza centrale per la nostra prospettiva di indagine, tanto che il suo primato teorico e ontologico è inscritto nel nome stesso del nostro collettivo: Filosofia de Logu.

È il Logu, inteso come il luogo nella sua materialità specifica ed oggettiva ma anche come contesto comunitario di riferimento, a caratterizzare il nostro modo di pensare e di rappresentare il mondo, a caratterizzare, in ultima analisi, la filosofia. È il Logu a produrre le pratiche discorsive, dando luogo – appunto – alle riflessioni e alle analisi teoriche soggettive, conferendo sostanzialità a quelle categorie con le quali si interpreta la realtà. È il Logu ad abitare la parola che lo dice.

Se dunque il Logu non è spazio soltanto – perché come tale sarebbe riducibile a una mera cifra che ne indica il perimetro o la superficie – ma è contesto specifico, che non può mai essere ipostatizzato in un generico e fantasmagorico ovunque, questo significa che nel nostro volgere lo sguardo verso il mondo siamo proiettati immediatamente in una molteplicità dei luoghi, che è sempre anche molteplicità di contesti, di pratiche e di formazioni discorsive, molteplicità di logos.

Logos, qui, non è da intendersi unicamente nel significato consueto con cui lo si utilizza nell’ambito delle scienze umane o sociali, vale a dire come pensiero o discorso ma, allo stesso tempo, come il plurale di logu, e dunque come pluralità di luoghi. Il passaggio nel mondo grande e terribile impone, perciò, un duplice passaggio: dal logu ai logos, ma anche dal logu al logos. Se la lingua sarda ci consente di far leva su questo bizzarro gioco semantico, è per sottolineare ulteriormente l’indirizzo che vorremmo dare a questo nostro secondo lavoro collettivo. Il presupposto è il medesimo: l’impegno critico verso le conseguenze del colonialismo – in qualsiasi forma esso si manifesti – e il tentativo di produrre una decostruzione delle sue narrazioni. Con l’obiettivo, stavolta, di allargare il nostro discorso, situato e calato in un preciso contesto, ampliandone i confini, aprendolo ad altri contesti. Si tratta, allora, di mettere in relazione la nostra prospettiva e la nostra riflessione critica, la nostra filosofia de logu, con altre prospettive e altre riflessioni critiche provenienti da altri luoghi, altre filosofias de logos; e tentare di comprendere in cosa queste somiglino e in cosa, al contrario, possano divergere.

L’obiettivo, in altre parole, è quello di intraprendere una mappatura del discorso decoloniale, a partire dai suoi contesti applicativi. Per raggiungerlo abbiamo bisogno della vostra partecipazione.

Si accettano pertanto contributi di autrici e autori volti ad indagare le varie questioni e i molteplici temi che caratterizzano il discorso decoloniale, con particolare attenzione al valore specifico che assumono a seconda del contesto di riferimento. Più precisamente (ma non in maniera esclusiva), siamo interessati a contributi intorno ai seguenti macrotemi:

  • Decolonizzazione e Soggettività

contributi che indaghino il modo in cui la critica della ragion coloniale si configura come critica dei meccanismi di interpellazione del soggetto, e quindi come critica dei dispositivi di costruzione dell’identità, sia individuale che collettiva: dalla forclusione dell’informante nativo alla plasmazione del soggetto auto-colonizzato, fino ai processi di nation-building e ai fenomeni di riconoscimento identitario.

  • Decolonizzazione e Modernizzazione

contributi che indaghino i rapporti fra la critica decoloniale e i processi di modernizzazione, ponendo la luce sui concetti di sviluppo/sottosviluppo e di innovazione/arretratezza. Dai fenomeni di gentrificazione forzata alle lotte per la sovranità alimentare, dall’overtourism alla green economy, quale ruolo assumono questi concetti, e quale funzione ideologica svolgono, nel panorama economico neocoloniale?

  • Decolonizzazione e Spazi dell’Abitare

contributi che analizzino le modalità con cui anche gli spazi dell’abitare sono stati oggetto di una estetizzazione delle pratiche coloniali. In che modo, allora, i logos a cui ci riferiamo (che sono poi, infine, i luoghi che abitiamo) sono divenuti oggetto di una narrazione che si nutre di apparati ideologici coloniali?

  • Decolonizzazione e Cultura

contributi che sappiano indagare gli aspetti che intercorrono fra processi di decolonizzazione e produzioni culturali quali religione, mitologia, letteratura, archeologia. In che modo tali produzioni sono riconducibili ad una ragione coloniale e in che modo, a loro volta, possono essere decolonizzate?

  • Decolonizzazione e Intersezionalità

contributi che sappiano porre l’accento sugli intrecci, le sovrapposizioni e le intersezioni delle varie forme di esclusione, dominio ed oppressione sociale. Dalle questioni di genere alle questioni di classe, dalle discriminazioni fondate sulla nozione di abilismo a quelle basate su differenze di carattere etnico, è possibile ricondurre tali lotte e tali rivendicazioni ad una traducibilità politica di fondo della prassi decoloniale?

Informazioni per gli autori

Lingue accettate

Si accettano contributi in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese. E, naturalmente, in sardo. Siamo consapevoli del fatto che gli standard linguistici dominanti nella comunità scientifica siano spesso il riflesso culturale e ideologico di rapporti coloniali concretamente in atto, e accettiamo volentieri eventuali contributi in altre lingue, comprese le cosiddette lingue regionali o minoritarie. In questo caso, tuttavia, affinché sia possibile da parte nostra compiere una adeguata valutazione del contributo stesso, chiediamo gentilmente che venga accompagnato da una traduzione in una lingua a scelta tra quelle sopra indicate.

Scadenze

  • 28 febbraio 2023: invio all’indirizzo filosofiadelogu.cfp2022@gmail.com delle proposta di saggio (in formato .doc o .docx), con lunghezza non superiore alle 1000 parole, e con una bibliografia iniziale e di inquadramento.
  • 31 marzo 2023: comunicazione agli autori dell’esito della valutazione delle proposte, e invio delle norme editoriali per la redazione dei contributi.
  • 31 luglio 2023: invio dei contributi finali, di lunghezza non superiore alle 25mila battute.

Logu and Logos.

The “Sardinian question” and the decolonial discourse.

 

The first collection of essays with which the Filosofia de Logu group officially presented itself to the public had an openly declared aim: to produce an autonomous and non-subaltern view about Sardinia. The main purpose of this particular kind of view was, precisely by virtue of this critical self-positioning, the decolonisation of thought, of ideology and common sense about Sardinia and Sardinians. In this sense, the perspective that characterized our first work forced us, almost inevitably, to look at Italy as the main reference point. Namely, the chance to undertake a critique of colonial reason’s principle implied automatically an overturning of the relationship between Sardinia and the Mainland. Therefore, a “provincialization” of Italy was necessary in order to let  Sardinia speak from a new, non-subaltern, decolonised perspective.

To this end, the concept of “decolonisation” has been applied to the Sardinian context so that we can count on a critical category suitable for our aim. “Decolonisation” has become for us a tool-category, a theoretical picklock for dismantling the dominant narratives, the dynamite with which we can deflagrate the ideological apparatus that produces subaltern and self-colonized subjectivities. In short, it was the only way to let the subaltern speak, disabling and deactivating the typical exclusion procedures of colonial discourse; the only way to produce a new order of discourse.

In order to carry on this new discourse, we believe it is imperative to overstep the mean and stifling horizons of Sardinia-Italy relationship; we believe that it is necessary to go beyond provincialism and decide to look to “the great and terrible world”. This means, essentially, to raise an issue and ask questions about our methodological approach. Such consideration deals above all with the use we make of “decolonisation”, in order to become aware of the specific value this concept acquires when applied to a particular context.

The here and now assumes in our research perspective central importance to such a degree that its theoretical and ontological primacy is stated on the very name of our collective: Filosofia de Logu means in Sardinian language Philosophy of the Place.

It’s the Logu, intended as the place in its very specific and objective materiality but also as a community reference framework, that characterizes the way we think and represent the world. It’s the Logu that, ultimately, characterizes philosophy. It’s the Logu that produces discursive practices, giving place – precisely – to reflections and theoretical analysis, giving substantiality to those categories through which reality can be interpreted. The Logu dwells in the word that says it.

The Logu is not merely space – if it were it would be reducible to a mere figure that indicates its perimeter or surface – but rather a specific context, which can never be hypostatized in a generic and phantasmagoric everywhere. Consequently, when we look at the world we are immediately projected into a plurality of places, contexts, practices and discursive formations, which is always a plurality of logos.

Logos does not mean here what it usually means in human or social sciences (“thought” or “discourse”). It indicates rather the plural of logu, i.e. a plurality of places. If the Sardinian language allows us to leverage this bizarre semantic game, it is to emphasize the direction we intend to give to our second collective work. The prerequisite is the same: a critique of any form of colonialism and the attempt to produce a deconstruction of its narratives. This time, however, we aim to broaden our discourse and open it to other contexts. Accordingly, we have to relate our critical perspective – which is located in a specific place, in a specific logu – with other perspectives coming from other places, from other logos. We aim in other words to connect our Filosofia de Logu, our Philosophy of the Place, with other Filosofias de logos, other Philosophies of Places, in order to understand affinities and divergences. Moreover, the goal is to map the decolonial discourse starting from the different, specific contexts where it can be applied.

To achieve all this, we need your participation.

We therefore accept contributions from scholars and authors aimed at investigating the various issues and topics that characterize the decolonial discourse, with particular attention to the specific value they assume according to the context. More precisely (but not exclusively), we are interested in contributions around the following macro-themes:

  • Decolonisation and Subjectivity

contributions investigating how the critique of colonial reason amounts to a critique of the Subject-interpellation and consequently  to a critique of the dispositives of individual and collective identity-construction, of the forclosure of the native informant, of the self-colonized subject, of nation-building processes and identity recognition.

  • Decolonisation and Modernisation

contributions investigating the relationship between decolonial critique and modernisation processes, shedding light on the dual concepts of “development/underdevelopment” and “innovation/backwardness”. From phenomena of gentrification to food sovereignty struggles, from overtourism to green economy: what role do these concepts play, and what ideological function do they have in the neo-colonial economic landscape?

  • Decolonisation and Urbanism

contributions analysing how our cities have been subject of an aestheticization of colonial practices. How have the logos we refer to (which are actually the places we are living in) become the subject of a narrative that is an expression of colonial ideological apparatuses?

  • Decolonisation and Culture

contributions that investigate the relationships between decolonisation processes and cultural production such as religion, mythology, literature, archaeology. How can these cultural products refer to a colonial reason? And how can they be, in turn, decolonised?

  • Decolonisation and Intersectionality

contributions highlighting  overlaps and intersections of the various forms of exclusion, domination, and social oppression. From gender issues to class issues, from discriminations based on “ableism” to those based on ethnic differences, is it possible to trace an outline of these claims and struggles, giving them a political translatability in terms of decolonial praxis?

Instructions for authors

 

Accepted languages

We accept contributions in Italian, English, French, German, Spanish and Portuguese. And, of course, in Sardinian. We are aware of the fact that the dominant linguistic standards in the scientific community are often a cultural and ideological reflection of practical and tangible colonial relationship; hence we gladly welcome contributions in other languages, including so-called regional or minority languages. In this case, however, in order for us to make a proper evaluation, we kindly ask that the contributions are accompanied by a translation into a language of your choice among those indicated above.

Deadlines

  • February 28, 2023: Submission of proposals (in .doc o .docx format) to  filosofiadelogu.cfp2022@gmail.com. Proposals must be no longer than 1000 words, and must contain a brief bibliography.
  • March 31, 2023: Notification of acceptance, conditional acceptance or rejection. Should the proposal be accepted, author will receive style guidelines.
  • Juy 31, 2023: Submission of the final draft (must not exceed 25000 characters).